In questo podcast, Arte del Bilanciere ha intervistato Andrea Barbotti, co-fondatore di ON AIR Program.

Ogni quanto va cercata l’alzata massimale? Hai degli atleti a cui ti ispiri? Qual è il modo migliore per allenare potenza e resistenza? Ci sono nel CrossFit esercizi più importanti di altri?

Un enorme ringraziamento ad Andrea Michetti, fondatore di Arte del Bilanciere, per l’intervista: www.artedelbilanciere.it

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Podcast con Andrea Barbotti

Arte del bilanciere: Ciao a tutti, oggi ci troviamo alla Stronghold 286 e abbiamo la fortuna di poter intervistare Andrea Barbotti.
Andrea è uno sportivo veramente di calibro, importante, faccio ora un breve riassunto della sua carriera:

  • Nel 2009 lui già praticava le arti marziali come il brazilian ju jitsu, faceva functional training.
  • Nel 2010 praticava il krav maga, sempre nell’ambito della difesa personale.
  • Dal 2011 comincia a praticare il weightlifting allenato da Andrea Mancinelli e la sua carriera nella pesistica la vediamo compiersi fino alla fine del 2013.
  • Dal 2014 passa al Crossfit e qui le gare annoverabili sono moltissime. Fra le gare nazionali, i throwdown più importanti, Andrea ha vinto le Fall Series, ha vinto l’italian Showdown. Nelle gare internazionali l’abbiamo visto alle Swiss Alpine, ai Monstar Games in brasile, al Dubai Fitness Championship e tre volte ai Regionals.
  • Nel 2016 comincia l’avventura del coaching e nell’estate del 2017, un anno fa, fonda ON AIR Program.

Ciao Andrea!

Andrea Barbotti: Ciao e grazie Andrea di darmi questa possibilità di essere intervistato e ciao a tutti gli ascoltatori.

Arte del bilanciere: Io ti volevo subito chiedere una cosa, quando sono stato qui alla Stronghold 286 sono rimasto subito colpito dall’atmosfera magica del box, veramente bellissimo e ho notato anche i wod, un po’ diversi diciamo, rispetto quello che si trova normalmente in giro. Per esempio penso ai tipi di wod fatti per simulare una gara, il come viene gestita la mobilità nel wod, che cosa ti ha ispirato per creare questi allenamenti?

Andrea Barbotti: Diciamo che io sono partito da questa avventura e ho fortemente voluto aprire un box prima di tutto per creare una famiglia, che potesse sia sostenermi e che io avessi potuto sostenere in prima persona. Una volta aperto questo box, la Stronghold 286 a Falconara Marittima, ho voluto subito improntare un modus operandi di insegnamento. L’idea è stata il portare la stessa attenzione che un allenatore dedica a chi compete, quindi ai competitor professionisti o meno, anche a tutti i ragazzi che frequentano le classi. Di conseguenza si innesca un meccanismo tale per cui i coach riescono a, veramente, far migliorare tutti i ragazzi che partecipano alle classi tramite un’attenzione maggiore rispetto a quella che vediamo generalmente. L’idea è stata di far iniziare le classi con una routine di warmup tale per cui gli atleti e i ragazzi che frequentano le classi, potessero essere caldi sia a livello muscolare che a livello articolare. È chiaro che un box deve essere veramente attrezzato, noi qui alla Stronghold siamo pieni di elastici, la cross ball, foam roller, in modo tale che tutti i ragazzi possano usufruirne come ne usufruiscono gli atleti prima delle competizioni. Una volta caldi, una volta pronti, sia a livello articolare che a livello muscolare, si passa all’insegnamento delle skill tecniche. Alle skill tecniche dedichiamo generalmente dai 15 ai 20 minuti e abbiamo stabilito che un esercizio debba avere il privilegio sugli altri, quindi ci dedichiamo maggiormente all’esercizio principe della classe. Abbiamo creato delle progressioni per cui tutti i coach siano consci del fatto che queste progressioni debbano essere insegnate nello stesso modo e qui mi riconduco al nostro modus operandi che citavo prima. Terminate le skill andiamo a fare i workout, sul perché del fatto che i workout siano atipici sinceramente non ti saprei rispondere, io quando scrivo i workout li scrivo per tutta la settimana, la programmazione è fatta su micro ciclo, quindi non è ciclizzata sul lungo periodo ma semplicemente settimanale, e scrivo ciò che piacerebbe fare a me semplicemente scalandolo per i ragazzi e rendendolo quindi opportuno a tutti quelli che vogliono approcciarsi a questo sport. L’idea è: tutti devono saper fare tutto.

Arte del bilanciere: In generale tu ti sei sempre trovato con più familiarità nello scrivere gli allenamenti da solo, nel crearli o nello sperimentare?

Andrea Barbotti: Si, c’è stato uno studio di fondo, in realtà, sui sistemi energetici, di fatti ho parlato prima di micro ciclo; cerco sostanzialmente di fare in modo che ogni settimana vengano allenati tutti i domini del cross training. un giorno lavoriamo di più sulla capacità aerobica, due giorni lavoriamo sulla work capacity o un giorno alla settimana lavoriamo su dei lavori lattacidi, quindi prettamente anaerobici lattacidi e un giorno lavoriamo sul dominio fosfageno. Ciò che posso dirti è che per scelta mia personale ho deciso di escludere la parte di forza perché penso che per migliorare i livelli di forza qualsiasi persona debba dedicarci almeno 40 minuti e capisci bene che nel momento in cui andiamo ad inserire 20 minuti di warmup, 20 minuti di skill, 40 minuti per lavorare sulla forza non ci sono e preferisco comunque mandare via i ragazzi sudati e lasciare a loro la possibilità di fare la forza prima o dopo la classe visto che da noi, qui alla Stronghold 286, abbiamo optato per un open gym compresa nell’abbonamento, quindi tutti possono venire a fare open gym.

Arte del bilanciere: Appunto per questo ne volevo approfittare per chiederti come si affronta la non specificità del Crossfit nella programmazione?

Andrea Barbotti: Se all’inizio il Crossfit era visto come un’unione di più discipline in realtà adesso corre, a mio avviso, una sinergia fra ciò che prima era visto separato. Se all’inizio c’erano: il coach del weightlifting, il coach di ginnastica e il coach di aerobic capacity della non specializzazione e della specializzazione in futuro, adesso queste figure sono state sottoposte ad un’evoluzione. Questo perché sia nel weightlifting, che nel gymnastic, che nell’aerobic capacity è arrivata la specializzazione del Crossfit quindi ciò che prima era visto come snatch, uno strappo, come gesto che riconduceva soltanto al weightlifting, adesso possiamo individuare uno snatch che strizza l’occhio al Crossfit. Fare uno snatch con 60 kg e farne 30 ripetizioni con 60 kg, rispetto a fare una ripetizione massimale, è totalmente diverso. Quindi questa specializzazione, questa specificità del Crossfit, è individuabile tramite dei tecnici, magari anche di vecchio stampo, che hanno saputo evolversi oppure dei tecnici di nuovo stampo che hanno seguito tutta l’evoluzione del Crossfit dalla vecchia specializzazione del vecchio tecnico FIPE fino ad arrivare ad un gesto costruito per un nuovo metodo. Poi ovviamente questo non esclude il fatto che tutto ciò che è ginnastica pura, weightlifting puro e aerobic capacity pura, vada lavorato. Allo stesso modo però queste caratteristiche devono essere anche trasformate per un contesto specifico e specializzato.

Arte del bilanciere: Quanto è importante la mobilità e come si allena al meglio?

Andrea Barbotti: La mobilità è fondamentale. Il problema a mio avviso è che si confonde la mobilità con lo stretching e la flessibilità. Innanzitutto dico che è importante lavorare su angoli di lavoro che siano effettivamente specifici all’interno della nostra disciplina. Ad esempio fare una spaccata frontale o sagittale che sia ha un’importanza parziale all’interno del Crossfit. Lavorare su un Rom (Range of Motion N.d.R.) pieno, quindi su uno squat ad angoli di lavoro totali invece diventa molto più importante. La mobilità va strutturata e questo è il punto di domanda più grande; pochissimi tecnici sono in grado di strutturare delle routine di mobility che siano efficienti. Io da questo punto di vista mi sono sempre sentito debole, non perché non conoscessi gli esercizi di mobilità articolare, ma semplicemente per il fatto che strutturare degli esercizi diventa veramente complicato ed è per questo che in ONAIR training Program, il nostro programma che è stato fondato in estate 2017, ho fortemente voluto un collaboratore che si chiama Ingemar Girolomoni di OLAB a Pesaro e lui è un osteopata ed è veramente molto in gamba per quanto concerne tutte le routine di mobilità articolare. Lui è la persona che ce le struttura. Quindi ho deciso di affidarmi ad una persona che possa fare questo lavoro a tempo pieno. Tornando alla tua domanda, la mobilità, è fondamentale; qualsiasi esercizio che debba essere affrontato, che sia di work capacity, di strength, di power, quindi che sia weightlifting, powerlifting o semplicemente fare un workout, fare un lavoro specifico prima di questi consente di ottimizzare le performance, aumentare il ROM articolare e soprattutto evitare infortuni. Qualsiasi crossfitter che si infortuna è un crossfitter spacciato.

Arte del bilanciere: A proposito di questo, gli infortuni sono evitabili, prevenibili? Ci si può allenare intorno agli infortuni?

Andrea Barbotti: È una domanda molto complessa perché intorno all’infortunio c’è un mondo. Per la maggior parte sono evitabili. Ragioniamo in termini di percentuali; se io potessi avere il 50% in meno di probabilità di infortunarmi, sarei disposto a sacrificare mezz’ora del mio tempo dell’allenamento per effettuare routine di mobility, stretching o attivazione e stabilizzazione muscolare? Se la risposta è si, allora avrebbe un senso fare mobility e attivazione. Se la risposta è no a questo punto so che devo espormi al 50% dei rischi in più. L’altro 50 % è fatto dal programma di allenamento. Nel momento in cui un atleta si sottopone ad allenamenti estremamente intensi, come quelli che contraddistinguono il nostro sport da 4 ore giornaliere per 6 giorni alla settimana, stiffness e DOMs ci portano a degli infortuni e molte volte anche addirittura alla cronicizzazione di questi infortuni. Però con una buona programmazione, quindi con dei buoni lavori ed un intensità e volume bilanciati, degli esercizi di mobilità articolare, stabilizzazione, attivazione, stretching prima di affrontare il day training, possiamo assolutamente ridurre al minimo la percentuale di rischio infortuni. Allenarsi intorno ad un infortunio non è mai facile, questo dipende soprattutto dal rapporto che c’è fra l’atleta e il coach. Il coach deve essere bravo a fare in modo che l’atleta capisca quanto sia importante evitare di allenarsi con il dolore. Allenarsi con il dolore provoca sostanzialmente una sorta di inibizione dei nocicettori, che sono quei recettori che ci fanno sentire dolore. Quindi la soglia del dolore si abbassa sempre di più ed abbassandosi io sono molto più esposto a sentire dolore anche se magari è tutto apposto. Questo è un discorso molto complesso ma che a me affascina tantissimo, quindi sono ben disposto a studiarlo e approfondirlo per fare in modo che i ragazzi possano arrivare il meno possibile infortunati alle gare e stare più in salute possibile. Anche perché quando si tratta si sport bisogna farlo col sorriso altrimenti è inutile.

Arte del bilanciere: Che cosa ti ha fatto appassionare al CrossFit?

Andrea Barbotti:Diciamo che sono sempre stato molto “challenging”, ovvero sono sempre stato un ragazzo molto competitivo. A mio avviso non esiste uno sport così completo, sia perché multimodale, sia perché individuale, che possa farti fare del challenging contro te stesso come il CrossFit. Lavorare su più discipline è fantastico, potersi misurare con degli esercizi che sono effettivamente standardizzati, lo è ancora di più. Venendo dal functional training posso rendermi conto che il passaggio fra functional training e CrossFit può essere individuato tramite la standardizzazione degli esercizi. Ciò che prima era un trenta secondi di max effort sulle battle rope adesso è diventato un due minuti max effort di rope climb e capisci bene che uno è numerico, l’altro no. Magari si fa una fatica che può essere identica, anche se ho preso due esercizi che sono diversi come stimolo allenante, ma comunque uno è misurabile, l’altro no.

Arte del bilanciere: Secondo te è questo che differenzia il CrossFit dagli altri sport?

Andrea Barbotti: In generale, su qualche sport, si. La realtà dei fatti è che ci sono talmente tanti sport che è difficile rispondere a questa domanda. Il CrossFit è uno di quegli sport che non annoia perché ci sono talmente tanti esercizi, c’è talmente tanto da scoprire ed essendo uno sport nuovo e in continua evoluzione, capisci bene che secondo me è uno di quegli sport che avrà futuro proprio per il fatto che le persone si divertono nel farlo e con così poco tempo di allenamento, ovviamente mi riferisco ai non professionisti, ottieni dei risultati incredibili. Per i professionisti rimarrà una nicchia, perché sta diventando veramente impegnativo essere professionista in questo sport viste le ore di impegno negli allenamenti e le richieste sempre più ingenti da parte degli organizzatori delle gare, dei throwdown e dei CrossFit Head Quarters.

Arte del bilanciere: Fino ad ora, quali sono i più bei ricordi della tua carriera sportiva?

Andrea Barbotti: I più bei ricordi della mia carriera sportiva sono quelli che sono riuscito a condividere coi ragazzi della Stronghold. Io ho un forte attaccamento al mio box e alla mia family e quindi al di là dei risultati sportivi o meno, che siano vittorie dei throwdown o delusioni, posso dire che tutto ciò che sono riuscito a condividere con i ragazzi è ciò che mi ha portato più soddisfazione di tutti. Ricevere un sorriso, un abbraccio sia come atleta, sia come coach, vale più di qualsiasi altra cosa per me.

Arte del bilanciere: Tu hai spinto il CrossFit italiano alle vette internazionali, immagino in quelle gare come sia maggiore la pressione sia nervosa che fisica, come te la gestisci in questo tipo di competizioni?

Andrea Barbotti: A rispondere sinceramente, in un modo che mi rendo conto possa essere becero. Nel senso che io sono una persona che si impone di fare le cose quindi prima di una gara comunque sento tensione nervosa, però allo stesso tempo so che devo farlo perché me lo sono imposto, perché l’ho fortemente voluto e perché mi sono fortemente allenato, ho speso tempo ed energia, per ottenere quel determinato risultato. Più che per questo, posso dirti che ho sempre voluto essere soddisfatto di me stesso. Non sempre una soddisfazione corrisponde ad una medaglia d’oro. Anche una prestazione che agli altri può sembrare mediocre, se per te stesso risulta essere stata buona e sai di aver dato il 100%, me ne vado via con il sorriso.

Arte del bilanciere: Quali sono, secondo te, delle qualità indispensabili per un atleta che volesse competere?

Andrea Barbotti: La devozione verso l’allenamento, la devozione verso il sacrificio e una forte predisposizione genetica. C’è un mio amico che dice: “È molto più importante scegliersi i genitori rispetto all’allenatore”. È ovvio che è una provocazione, però quanto conta la genetica all’interno di uno sport estremamente fisico come il CrossFit? Tantissimo. Quindi capisci bene che, è brutto dirlo, però atleta vero ci nasci. È difficile che una persona che non sia predisposta a calcare le vette dei throwdown nazionali e internazionali possa diventarci soltanto con il duro allenamento. In qualsiasi classifica che andiamo a guardare, dei Regionals o dei maggiori throwdown, vediamo che ci sono persone altamente qualificate all’interno di questo mondo, predisposte geneticamente per fare questo sport e molto ben allenate. Quindi sono tute persone che ormai si muovono bene, ormai il CrossFit del 2013 ha subito una forte evoluzione. Nel 2013, anche ai Games, vedevi persone che comunque erano acerbe nel weightlifting, avevano mancanze di skill, qualche donna addirittura non riusciva a portare a termine un ring-muscle-up. Ormai questa cosa è il passato. Tutti gli atleti hanno un’alta specializzazione, la maggior parte di loro sarebbe competitivo alle gare FIPE nazionali all’interno del weightlifting, non farebbe brutta figura presentandosi in una palestra provinciale di ginnastica artistica, per quanto i ginnasti professionisti sono totalmente un altro livello, se si presentassero all’interno di una palestra di canottieri comunque sia potrebbero dire la loro sulla breve distanza. Quindi capisci bene che ormai il CrossFit competitivo è diventato per pochi.

Arte del bilanciere: L’abbiamo visto agli ultimi Commonwealth Games, dove Tia-Claire Toomey ha gareggiato (lei veniva dal CrossFit) e sembra adesso abbia fatto un grosso passo importante nella pesistica, e quindi effettivamente è diventato qualcos’altro rispetto a quello che era.

Andrea Barbotti: Esattamente. E se ci pensi è pazzesco come un’atleta di CrossFit possa vincere una medaglia d’oro e stabilire un record australiano in uno sport a cui dedica solo parzialmente tempo.

Arte del bilanciere: Riusciresti a ricostruire tre tappe fondamentali del tuo percorso atletico?

Andrea Barbotti: Si. La prima tappa fondamentale l’ho fatta nel 2009 iniziando a praticare arti marziali, quello è stato l’inizio del mio vero allenamento. Io venivo dal calcio, facevo il portiere, quindi diciamo che non mi sono mai allenato veramente. Iniziando a fare una disciplina come le arti marziali riesci a capire bene che cosa significa allenarsi con devozione e sacrificio. Da lì è iniziata la mia carriera. In realtà c’è una tappa fondamentale che viene ancora prima, io in discoteca litigai, presi un pugno e da quel giorno decisi di iniziarmi ad allenare per potermi difendere, a quel punto approcciai le arti marziali ed iniziai il mio percorso. Questa sicuramente è stata la prima tappa, il primo momento che mi ha fatto capire che avrei voluto allenarmi seriamente per aumentare le mie performance fisiche. La seconda tappa è stato il mi primo Open del 2014 in cui mi resi conto che in determinati workout, pur lavorando in ufficio, pur avendo approcciato il Crossfit da pochi mesi, riuscivo ad essere competitivo. Nel 14.5 mi ricordo che mi classificai fra i primi 60 in Europa, se non sbaglio, e per me fu un ottimo risultato perché ero un “secco” di 70 kg che riusciva a rientrare con un risultato del genere e quindi capii che da lì avrei voluto allenarmi veramente. L’ultima tappa importante è stata ai Meridian Regionals del 2016 quando nel quinto workout sono riuscito a vincere e sono stato il primo italiano al mondo a vincere un workout dei Regionals.

Arte del bilanciere: Ci sono, secondo te, degli esercizi fuori dalla pesistica, intesa come ambito specifico, che potrebbero invece beneficiare le alzate olimpiche? Per esempio qualcosa dello strong man o del kettlebell training?

Andrea Barbotti: Per rispondere a questa domanda dovrei fare una premessa, cercando di differenziare chi si vuole approcciare alla pesistica da chi già è un professionista all’interno della pesistica. Per chi si vuole approcciare alla pesistica posso dirti che qualsiasi esercizio che sia complementare può essere utile, assolutamente si. Per i professionisti invece il discorso è un po’ più complesso. Posso rispondere solo parzialmente avendo fatto due anni pieni di solo weightlifting, ma con l’esperienza del CrossFit posso dirti che qualsiasi lavoro di stabilizzazione articolare e attivazione neuro-muscolare è molto importante. Anche le routine di mobility stesse sono molto importanti. Ciò che posso dirti è che confrontandomi con Ado Gruzza che è uno dei più famosi allenatori italiani di powerlifting in Italia, lui mi ha detto che allenando la parte aerobica dei sui atleti, quindi mandandoli a correre in determinati periodi della stagione, in base anche ai mesocicli, vedeva che i loro livelli di forza aumentavano. Ciò che ci lasciava un po’ perplessi ma allo stesso tempo stupefatti è come i livelli di forza di questi ragazzi aumentassero con del lavoro anaerobico lattacido. Quindi, secondo me, qualcosa ancora è sfuggito a chi studia questa materia e probabilmente è il motivo per cui i CrossFitter riescono mantenere dei livelli di forza così elevati nonostante la mole di lavoro aerobico che fanno.

Arte del bilanciere: Ogni quanto va cercata l’alzata massimale in una programmazione di forza per il weightlifting?

Andrea Barbotti: È una domanda molto interessante, a mio avviso andrebbe cercata non più di tre, quattro volte all’anno. Tre volte all’anno sono sufficienti, spiego il perché: provare i massimali tutti i mesi innesca un meccanismo tale per cui l’atleta è in balìa della giornata. Quindi può capitare che nel mese di febbraio prova il massimale due volte e la prima volta fa 120 kg di snatch e la seconda volta 112 di snatch, a quel punto potrebbe pensare di essere peggiorato, ma non è così. Ci sono delle linee guida che intuire come l’alzata possa essere molto legata alla giornata; stress psicologico, stress fisico, allenamento fatto nelle settimane prima, stress neurale influiscono tantissimo sull’alzata massimale. Quindi per vedere effettivamente se un massimale sia migliorato o meno bisogna aspettare minimo dai tre ai quattro mesi, di conseguenza ritengo che una volta ogni tre, quattro mesi sia sufficiente per capire, alla fine di un mesociclo o un macrociclo, se l’atleta sia effettivamente migliorato oppure no. Altrimenti siamo in balìa della giornata e il massimale diventa non solido. Approcciarsi ad una gara con un massimale non solido significa sbagliare anche, magari, il peso d’ingresso perché si entra o troppo alti o troppo bassi.

Arte del bilanciere: In che modo integri, eventualmente, i complex nell’allenamento?

Andrea Barbotti: I complex all’interno del contesto Crossfit potrebbero essere importanti se la chiave di lettura che gli viene data è quella tecnica. Il complex è importante quando mette in difficoltà l’atleta da un punto di vista tecnico. Fare un complex di forza a mio avviso paga molto meno rispetto al lavorare sulla forza pura. Faccio un esempio: fare un complex con 1 power clean, 1 front squat, 1 push-press e 1 thruster, ha senso? Secondo me fino ad un certo punto; lavorare sulle singole skill darebbe lo stesso risultato. Fare un complex invece con 1 squat clean, 1 squat jerk e 1 overhead squat è un complex che potrebbe mettere in difficoltà l’atleta da un punto di vista tecnico. Quindi favorisce una crescita tecnica all’interno dello schema motorio dell’atleta. fare un gesto come un overhead squat dopo uno squat jerk, o addirittura viceversa risulta veramente difficile. I complex diventano importanti qualora gli venga data una certa chiave di lettura, allo stesso modo per i complex di ginnastica penso la stessa cosa.

Arte del bilanciere: Tu hai degli atleti di riferimento a cui ti ispiri?

Andrea Barbotti: Nel momento in cui ero nel mio picco di forma per quanto concerne l’ambito competitivo, guardando gli atleti mi piaceva particolarmente Chris Lucero. Perché lui è uno di quegli atleti silenziosi, e quindi mi piaceva anche fuori dal campo gara, allo stesso tempo però estremamente attento alla pulizia del movimento e al dettaglio. Mi ricordo benissimo durante i Regionals del 2016 come lui fosse uno dei pochissimi atleti ad effettuare il cambio mano nel kettlebell snatch, gli atleti avrebbero dovuto eseguire 12 kettlebell snatch, 6 a destra e 6 a sinistra, ed era l’unico che cambiava mano dal destro al sinistro come i girevik. Facendo quel movimento mi ricordo che riuscì a battere Josh Bridges, che pur essendo maggiormente brevilineo rispetto a lui e quindi con le leve più corte, Chris Lucero con quel cambio riuscì a batterlo alla fine. Da lì ho iniziato a seguirlo e ho capito che aveva una gestione incredibile della gara e riusciva a vedere gli altri, riusciva a spezzare, sapeva sempre dove era, aveva un focus incredibile. Questo faceva di lui uno degli atleti a cui più mi ispiravo.

Arte del bilanciere: A casa Lucero sicuramente si parlerà di pesistica, tu fra lui e la moglie chi vedi in vantaggio?

Andrea Barbotti: Vedo in vantaggio, a livello di pesistica, sicuramente la moglie di Chris. Come atleta preferisco lui ma voto comune sia la moglie.

Arte del bilanciere: Il back squat: low bar o high bar?

Andrea Barbotti: Questa sul back squat è una domanda molto interessante. Più che di high bar o low bar mi piacerebbe parlare di tecnica all’interno del contesto CrossFit. Per i CrossFitter il back squat che cos’è, un esercizio specifico o aspecifico? È un esercizio che capita in gara oppure no? E con che peso? Per me il back squat è un esercizio aspecifico. Nel senso che più creare uno schema motorio che mi consenta di effettuare delle ripetizioni maggiormente veloci o con maggiore efficienza, il back squat lo intendo come un esercizio che mi consenta di costruire la forza generale. Per costruire una forza generale abbiamo bisogno di creare un’attivazione maggiore che sia sistemica e specifica. Per creare un’attivazione maggiore dobbiamo guardare chi la forza la mastica tutti i giorni, ovvero i powerlifter. Quindi lavorare su delle linee di spinta che ci consentono di tenere tutto il piede a terra, cercando di lavorare sempre intorno allo sticking point con dei fermi, con il bilanciere magari non in low bar, però leggermente più basso rispetto l’high bar, quindi sotto l’acromion. Questo consente di generare quel livello di forza generale che poi ci dà transfer su tutto il resto. Per me il back squat va inteso come il powerlifting moderno. Non come il powerlifting come si vede nei video degli americani con delle stance larghissime e il corpetto, ma come il powerlifting moderno senza corpetto e senza fasce.

Arte del bilanciere: Questo discorso cambia per il deadlift per esempio?

Andrea Barbotti: Per il deadlift cambia totalmente perché il deadlift è un esercizio che troviamo spesso in gara. Di conseguenza durante gli allenamenti quando vogliamo lavorare per aumentare i nostri livelli di forza allora il deadlift va inteso in stile powerlifting, se vogliamo. È brutto dire “in stile powerlifting”, voglio dire che dobbiamo cercare dei livelli di attivazione muscolare maggiore. Mentre in ambito gara, quindi nel contesto touch and go, sappiamo che il deadlift touch and go è un esercizio specifico del CrossFit quindi in quel caso lo schema motorio va rivisto e va adattato per cercare di essere più ergonomici possibile, più efficienti possibile e più veloci possibile. Cosa che nel back squat non avviene.

Arte del bilanciere: Nick Horton, della Weightlifting Academy, sostiene che ci siano tre regole fondamentali alla base della pesistica e che sono: il lockout, colpire l’anca e il coraggio. Oltre a queste un pesista non ha bisogno di niente. Secondo te un bravo atleta è anche una brava persona fuori dalla pedana o non serve?

Andrea Barbotti: Penso che non sia necessario. Ho visto pesisti di altissimo livello essere delle persone poco raccomandabili. Secondo me no, anche per esperienza personale. Anche se mi piacerebbe pensare il contrario.

Arte del bilanciere: Alimentazione, allenamento e riposo in che percentuale sono ripartite in un giusto allenamento?

Andrea Barbotti: Allora tutto va bilanciato. Per quanto concerne l’alimentazione posso dire che fa veramente la differenza se fatta male. Questo vuol dire che mangiare non sano porta ad un buco prestazionale. Mangiare sano ci consente di incrementare le nostre performance. La differenza che c’è tra il mangiare sano e bilanciare tutti i macro, andare da un nutrizionista, farsi la BIA e farsi seguire, è molto più labile rispetto al mangiare malissimo e mangiare sano. Quindi il consiglio che posso dare riguardo all’alimentazione è: cercate quantomeno di mangiare sano, se non avete voglia di andare da un nutrizionista a farvi misurare i macro. Il rapporto invece che c’è fra allenamento e recupero è importantissimo. Tutti dovrebbero sapere che il miglioramento da parte dell’atleta avviene nella fase di recupero e non nella fase di allenamento. Il Crossfit ha portato, all’interno del mondo della preparazione fisica, delle concezioni assurde. Faccio una premessa: io mando settimanalmente ai ragazzi la programmazione ONAIR. Se uno di questi ragazzi salta uno o due giorni perché ha la febbre si sente quasi in dovere di dover recuperare gli allenamenti persi. Quindi salta il giorno di rest per inserire le vecchie sessioni. È questo è assolutamente sbagliato perché porta ad un over-reaching. Un over-reaching che non è calcolato all’interno del programma, all’interno del mesociclo e ovviamente porta ad una perdita di performance. Quindi i ragazzi dovrebbero pensare di allenarsi meglio e non allenarsi di più. allenarsi meglio e allenarsi tanto hanno delle differenze incredibili.

Aerobic Power Mesocycle - Week 2

Arte del bilanciere: L’online coaching è efficace?

Andrea Barbotti: L’online coaching è efficace se il programma è ben strutturato. In ON AIR abbiamo optato per cercare di strutturare i domini principali rapportai con delle percentuali calcolate tramite dei test. In pratica facciamo calcolare a tutti i ragazzi dei max effort, quindi il max effort di strict pull-up, quindi di trazioni di forza, un max effort in due minuti di legless rope climb, quindi la salita alla corda solo braccia. Questi parametri vengono richiamati in percentuali all’interno di una programmazione. Quindi per quanto la programmazione risulti identica per tutti, in realtà poi lo stimolo allenante è specifico per ogni atleta. Quindi l’online coaching è assolutamente efficace se scritto in maniera idonea.

Arte del bilanciere: Che differenza c’è, se c’è, in come viene vissuto il CrossFit in Italia rispetto al resto del mondo?

Andrea Barbotti: Io personalmente ho girato molto in Italia, ho la fortuna di svolgere e di tenere o coadiuvare diversi seminari, nei vari box italiani. Ho girato facendo i seminari anche in Brasile e comunque sia, gareggiando all’estero, mi sono fatto un’idea di quel potesse essere il clima dei box. Posso dirti che la differenza grossa sta nel fatto che molti coach non sono formati in Italia. Questo penso perché forse, secondo me, il limite sia dato dalla lingua. Molti coach, essendo il CrossFit uno sport inglese / americano, non hanno le capacità giuste per andarsi a leggere determinati articoli, vedere dei video formativi e avere un confronto diretto con i coach esteri e gli atleti esteri. Di conseguenza questo diventa un limite in Italia, come molto probabilmente lo è in Brasile, perché ho vissuto la stessa situazione lì. Per il resto tutto il mondo è paese quindi in Italia ci sono dei box che lavorano benissimo e i coach sono molto più preparati rispetto ai coach blasonati esteri e ci sono dei box dove si fa del functional training quindi non può essere considerato CrossFit.

Arte del bilanciere: Oltre alla preparazione specifica, quale può essere un errore più grave che può commettere un coach?

Andrea Barbotti: L’errore più grande che può commettere un coach è mettersi davanti all’atleta. Il coach deve pensare come se fosse l’atleta che sta allenando. Quindi: cosa farebbe il mio coach se mi trovassi in quella situazione? Di conseguenza si innesca un meccanismo per cui i coach dovrebbero metter da parte il loro ego per privilegiare la salute degli atleti, cosa che non è scontata, perché la maggior parte degli atleti è in over-reaching, si allena troppo. In seconda battuta consiglio di cercare anche un’empatia con l’atleta per cercare di comprenderlo quando è nelle fasi di maggiore difficoltà. Per quanto mi riguarda è cosa rara, l’allenamento vecchio stampo “no pain no gain” ormai è acqua passata.

Arte del bilanciere: Qual è secondo te il modo migliore per allenare forza e resistenza, potenza e resistenza?

Andrea Barbotti: Una programmazione logica in cui ad esempio si inizi con una fase di volume e si trasformi in una fase di potenza per passare all’intensità aerobica e alla fine fare del vero CrossFit con della work capacity, quelli che sono i workout. Se si riesce a creare un flusso all’interno del macrociclo si riesce a migliorare in tutto. Guardando ovviamente l’equilibrio e la distribuzione dei sistemi energetici. La programmazione per migliorare forza, potenza, resistenza e quello che poi va a comporre la work capacity e la workload tolerance e quindi la stamina, tutto ciò che è la tolleranza ai workout, va costruita con una logica scientifica. Nulla dovrebbe essere lasciato al caso.

Arte del bilanciere: Di fronte alla vasta gamma di skill del CrossFit spesso non ci si riesce ad orientare nel giusto percorso per progredire nel modo ottimale, ti senti di dare qualche consiglio a chi si trova in questa difficoltà?

Andrea Barbotti: Capisco che non è facile. Bisognerebbe partire da alcune tabelle che rappresentano l’equilibrio di un atleta. Un atleta completo viene definito come well rounded athlete, quindi un atleta a cui non manca qualsiasi skill. Essendo il CrossFit uno sport numerico servono dei numeri, quindi sapere i tempi sui 1000 metri di remo, i 10.000 metri di remo, i tempi sulla corsa sono tempi che riescono a farci contraddistinguere se un atleta è già specializzato sufficientemente nell’ambito della capacità aerobica o meno. Stessa cosa per i livelli di forza e quelli di ginnastica. Una volta effettuati tutti i test, a quel punto riusciamo a capire dove sono queste carenze dell’atleta. Quindi tramite degli scheduling, delle programmazioni, delle progressioni specifiche si riesce a riequilibrare la cosa. Bisogna lavorare su degli equilibri dati da dei test iniziali. Il test iniziale diventa fondamentale per capire dove l’atleta dovrebbe lavorare, sia dal punto di vista delle skill, sia dal punto di vista dei sistemi energetici. Un atleta potrebbe essere bravo in tutte le skill ed essere completo però nella fase di workout mostrare dei buchi pazzeschi. L’ultima cosa non meno importante è lavorare sulla mentalità dell’atleta. Ci sono dei ragazzi che sono veramente forti nel loro box durante gli allenamenti e poi nel campo gara hanno delle performance non all’altezza. Quindi va fatto un lavoro per far cercare di stare tranquilli i ragazzi e cercare dimetterli a proprio agio nel campo gara. Tutto è allenabile.

Arte del bilanciere: Quanto e come l’allenamento viene modulato sull’atleta?

Andrea Barbotti: L’allenamento deve essere modulato sull’atleta non tanto a livello di skill ma a livello di volume ed intensità sulla skill. Se ci sono dei buchi veramente ingenti su determinate skill l’atleta deve, per forza di cose, lavorare su degli scheduling parziali. In ON AIR Program, ad esempio, abbiamo deciso di creare dei mesocicli di 6 settimane dove gli atleti possano lavorare su aerobic capacity, sul weightlifting o comunque lo sviluppo della potenza e su delle skill di gymnastic. Piano piano cercheremo di inserirne altri e siamo noi in comune accordo con l’atleta a decidere se debba fare queste 6 settimane oppure no. Queste 6 settimane possono comunque intersecarsi con il programma per cercare di bilanciare i vari domini del CrossFit in modo tale da riuscire ad equilibrare ed ottenere il well rounded athlete di cui parlavo prima.

Arte del bilanciere: Ci sono degli esercizi che magari ritieni più importanti rispetto ad altri?

Andrea Barbotti: Esistono degli esercizi più importanti di altri ma sotto determinati punti di vista. Il primo criterio che va stabilito è se questo esercizio compare in gara oppure no. Il secondo criterio è se abbia transfer su tutti gli altri esercizi. Generalmente si dice che ci siano 3 livelli di gruppi di esercizi: il primo livello sono gli esercizi che oltre a poter comparire in gara danno una costruzione generale e danno transfer su tutti gli altri esercizi. Se ad esempio lavoriamo sul power snatch pesante, ormai è scientificamente provato che ha un transfer su un box jump. Il box jump non da transfer sul power snatch. Quindi lavorare sul power snatch è più importante rispetto a lavorare su un box jump. Bisogna cercare di equilibrare gli esercizi che compaiono all’interno del day training in base alla priorità di questa tabella.

Arte del bilanciere: Abbiamo visto come il CrossFit sia, oltre che in continua evoluzione, anche in cambiamento continuo. Tu oggi che idea hai del CrossFit rispetto a come era poco tempo fa?

Andrea Barbotti: Avendo vissuto in prima persona questa evoluzione di cui parli, prima come spettatore, come atleta e adesso come coach, riesco ora a definirla bene. Se prima gli atleti risultavano carenti in qualche skill e adesso sono tutti altamente specializzati, ci sarà ancora un’evoluzione sull’allenamento. Quindi se vedevamo che all’inizio tutti gli atleti andavano a praticare il weightlifting da degli specialisti, quindi in Italia c’è stata l’esplosione dei tecnici FIPE che hanno dato un grosso contributo nel far migliorare la tecnica di strappo e slancio a tutti i ragazzi. Il passo successivo è stato l’aerobic capacity e tutti si sono messi a correre con il cardiofrequenzimetro, a misurare i battiti, a lavorare sui 10000 metri remo, la mezza maratona, o fare un’ora di bike. Il passo successivo, che è quello attuale, è il functional strenght con tanti lavori di stabilizzazione, kettlebell bottom up, lavori con kettlebell, dumbell sono lavori interessantissimi sempre se strutturati in maniera opportuna. Secondo me il passo successivo sarà il breathing work. Io ho avuto la fortuna di collaborare con Andrea Tucci che è un apneista mondiale di altissimo livello, ormai ci collaboro da circa 7 mesi e ho notato come lavorando sulle sue skill, sia in piscina che a secco, ho notato dei miglioramenti pazzeschi. Ad esempio l’altro giorno non mi sentivo molto bene e mi sono misurato con il saturi metro e avevo la saturazione a 94, 95. Capisci che affrontare un workout a 94, 95 di saturazione porta ad una perdita ingente della performance. Ho provato a fare degli esercizi di breathing work, respiratori con un esercizio che si chiama bhastrika, che deriva dallo yoga e ho notato come dopo due cicli respiratori la saturazione era già arrivata al massimo, a 99. Vedo anche che atleti di altissimo livello, dei Games, iniziano a lavorarci, quindi secondo me il breathing work prenderà parecchio spazio all’interno del Crossfit. Questo perché abitua l’atleta a lavorare con alti livelli di CO2 e bassi livelli di O2, che è un po’ il clima che si innesca durante un workout, dove la CO2 è veramente altissima. Abituare il tuo corpo a lavorare con battiti cardiaci leggermente più bassi, a seguito di un lavoro di routine respiratoria, può fare la differenza. Ormai si inizia a guardare il dettaglio perché tutto ciò che prima era grossolano, adesso è ben definito e come tale va allenato.

Arte del bilanciere: È un’immagine del CrossFit in evoluzione ma anche in espansione e in crescita per quello che riguarda lo spessore degli esercizi e delle tecniche; invece per quello che riguarda i cambiamenti di forma, tipo l’adattamento degli standard, credi sia dovuto al fatto che il livello medio è migliorato o si cerchi di dare una direzione, in un certo modo?

Andrea Barbotti: Io penso che si cerchi di dare una standardizzazione. Quest’anno, agli CrossFit Games Open 2018, abbiamo visto come abbiano cambiato ad esempio lo standard di misurazione della linea che andrebbe oltrepassata con i piedi durante gli handstand-push-up. E questo ha mandato in crisi diversi atleti. In questo modo si vanno ad escludere o penalizzare gli atleti sporchi nel movimento, tutti gli atleti che vanno ad inarcare la schiena durante l’handstand-push-up guadagnando spazio. Anche se si parla di dettagli, posso dirti che per quanto riguarda queste nuove introduzioni, tipo anche il burpees non “steppato”, quindi il burpees che va fatto a piedi pari, sia la risalita che la discesa, portano ad un miglioramento del livello medio degli atleti dal punto di vista delle performance.

Arte del bilanciere: Pensi che le categorie di peso possano essere un giorno introdotte o c’è proprio un motivo per cui non vengono considerate?

Andrea Barbotti: Secondo me non verranno introdotte per il semplice motivo che la CrossFit ha sempre voluto premiare quegli atleti che sono forti nel sollevamento pesi, quindi degli atleti pesanti, ma allo stesso tempo hanno delle ottime caratteristiche e peculiarità per la ginnastica. Molto probabilmente ci sarà una ricerca, uno studio e un evoluzione nelle skill da inserire. Sia nel weightlifting o nel sollevamento pesi in generale, che nella ginnastica, per cercare quell’atleta che abbia un buon equilibrio. Se guardiamo la fisicità degli atleti, sono tutti generalmente intorno agli 84 kg. Chi più, chi meno alto però il peso è più o meno questo.

Arte del bilanciere: Grazie Andrea del tempo che ci hai dedicato e grazie dell’intervista.

Andrea Barbotti: Grazie mille a te e grazie mille a tutti gli ascoltatori e spero di risentirci presto.